Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
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Lamia

Ultimo Aggiornamento: 21/10/2010 17:16
21/10/2010 17:14
 
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Ecco qua, in due post separati, i primi due capitoli di un raccontino che sto scrivendo.
In pratica, ci sto lavorando per 'testare' un gruppo di personaggi, per cercare cioè di rendermi conto se riescono a prendermi al punto da convincermi a scrivere su di loro un romanzo più lungo (e possibilmente, più complesso e più serio)...


Avvertenze: perdonate gli eventuali errori di battitura, il tutto è frutto di un paio d'ore di scrittura, potrebbero essercene sparpagliati diversi.
Questo genere di fantasy 'classico' (per così dire) fra l'altro non è nemmeno il mio campo... [SM=x1263955]



Lamia


1


Jade augurò la buona notte ai compagni e si alzò dal tavolo.
Ci aveva riflettuto a lungo, ed era giunta alla conclusione che, di tutte le possibili opzioni a sua disposizione, quella di svignarsela alla chetichella dalla porticina che portava ai dormitori era di gran lunga la più allettante.
“Jedith Amigdala Tonana Malon!”, tuonò una voce.
Il richiamo si levò sul finire dell'ultima nota strascicata di una melodia chiassosa e variopinta, il genere di musica per cui il contado va pazzo, una roba stridente che faceva inarcare le schiene ai gatti e abbaiare i cani legati nei cortili.
Cadde il silenzio, pesante come una pietra tombale franata nel bel mezzo di una notte senza vento.
Quattro o cinque dei rustici avventori del 'Corna di Pollo' si girarono sugli sgabelli, con espressioni vacue; un vecchietto ingobbito diede in una risatina nervosa e sottolineò la fine dell'intermezzo musicale con un catarroso colpetto di tosse.
Jade raggelò.
Lentamente, con tutto il contegno del caso (vale a dire con tutta la regalità frustrata e la sdegnata benevolenza che si potevano simulare avendo addosso un mantello sfilacciato, un corpetto scuro aderente, un paio di stivali da cavallerizza infangati e una tunica di lana che sembrava essere stata preso in prestito dalla barbona avvinazzata del villaggio), Jade si voltò, il mento alto, i lineamenti irrigiti in una smorfia oculatamente infastidita.
“Sì?”
La figura incappucciata che aveva appena scandito il suo nome di nascita completo si alzò da una panca di legno al capo opposto della pittoresca sala comune e le venne incontro. Gli stivali borchiati tonfavano contro le assi del pavimento tarlato, scandendo il ritmo impaziente e pimpante delle falcate della loro proprietaria.
“Come stai, sorellina?”
Una mano dalla carnagione scura salì a scostare un drappo di tessuto dalla fronte; una lucente massa di riccioli corvini baluginò alla vivida luce delle scintille sprigionate dal fuoco.
Jade picchiò il tacco contro la gamba del tavolo alle sue spalle e ostentò un sonoro
sospiro di sufficienza.
“Alexandra Manola Emara Malon”, disse. “Qual buon vento ti porta da queste parti?”
Un risolino ovattato la spinse a voltarsi di scatto.
Fulminò Moran e Mara con lo sguardo, pur non avendo la più pallida idea di quale dei due beceri avesse osato interfenire con la sua cauta uscita sussiegosa.
“Ehm...”, fece il massicco guerriero, sorridendo e grattandosi il dorso irsuto della mano. La cicatrice che gli solcava la guancia sinistra spiccava pallida contro le pelle arrossata del volto, a dimostrazione che, se non altro, lui riusciva ancora a dimostrare il buon senso di sembrare mortificato, una volta beccato a comportarsi in maniera inappropriata.
O forse, ha soltanto bevuto troppo, si corresse Jade, dopo averci riflettuto su per due secondi.
Mara, dal canto suo, si limitò a ricambiare l'occhiata di Jade, con l'angolo del labbro inferiore ripiegato verso l'alto e un sopracciglio inarcato.
Accanto alla giovane cacciatrice, Brett, con le spalle curve e le braccia incrociate, ovviamente non si lasciò sfuggire il minimo fiato.
“Bè, mia cara, io non parlerei esattamente di 'venti favoreli', se fossi nei tuoi panni”, replicò Alex, riprendendo il filo del discorso. Jade colse un inequivocabile bagliore di divertimento avvampare in fondo al catrame che intrideva le vispe pupille della maggiore (e dal look più tisico) delle sue sette sorelle. “Non che ci tenga particolarmente, a fare un'esperienza del genere...”
Istintivamente, Jade si portò una mano alla gola e cominciò ad armeggiare con il fermaglio che le teneva chiuso il mantello.
Alex incalzò: “Si è scatenato un vero e proprio diluvio, là fuori, nel caso in cui tu non te ne fossi accorta!”
Jade sbattè le palpebre.
Nel linguaggio di corte, un gesto del genere avrebbe denotato un moto di contenuta, aggraziata sorpresa; nelle circostanze attuali, Jade udì Alex domandare: “Ti è entrato un bruscolino negli occhi, per caso, sorella?”
Jade avvampò.
“Con tutto il dovuto rispetto, Alexandra cara, non riesco a capire perché mai tu ti sia scomodata a venire fin qui!”, sbottò, al culmine dell'imbarazzo. “Sappiamo tutti quanto poco tu tenga in considerazione i Feudi Occidentali!”
Alex spalancò le braccia.
“Non crederai che mi sia sobbarcata tutta questa fatica soltanto per venire a cercare te, vero, Jedith adorata? Spiegami allora come avrei potuto immaginare che la mia regale sorellina si fosse abbassata a soggiornare in una squallida bettola come questa? Ero persuasa che tu stessi cavalcando sulla via per il sito della corona nascosta di nostro padre, scortata dai tuoi fidi e aristocratici cavalieri, così come ti sei premurata di scrivere, se non erro, a nostra madre, nell'ultima lettera che le hai mandato!”
Ai margini del campo visivo di Jade (parzialmente offuscato dall'ondata di lacrime cocenti che le appesantiva le ciglia), si materializzarono le sagome massicce di dieci uomini pesantemente intabarrati.
Da ciascuno di essi, così come dalla stessa Alex, emanava un forte sentore di pioggia, mista a vento, umidità e grandine.
Sì, si disse Jade, tremando.
Quegli individui si portavano addosso l'inequivocabile odore della tempesta.
Raddrizzando le spalle, si affrettò a balbettare: “Per tua informazione, la mia ricerca della corona è giunta ad una svolta che tu non... oh, ma che cosa spreco il fiato a fare?”, si corresse, notando i sogghigni di derisione appena accenati sulle piatte facce dei dieci compari. “Tu, piuttosto!”, riprese, rivolgendosi ad Alex. Socchiuse gli occhi in due strette fessure. “Come osi capitarmi fra i piedi in questo modo?! Non crederai che mi beva la storiella della coincidenza fortuita, spero! Non avrai intenzione di rubarmi gli indizi, per caso?”
Alex grugnì.
“Allora è vero! Sei riuscita a soffiare gli indizi da sotto il naso di Miasara e di Jellina... Come diavolo hai fatto? Papà non ti ha nemmeno concesso di partire accompagnata dai cavalieri dell'Impero, come ha fatto con noialtre!” Accennò con la mano ai tizi alti e ben piazzati schierati alle sue spalle.
Jade occhieggiò nervosamente il più vicino degli uomini. Sotto la tunica indossava una cotta di maglia, nera e lucidata, che gli conferiva l'aspetto di un gigantesco scarafaggio bardato.
“Noto che non hai perso le antiche abitudini, Alex: come al solito, ti preoccupi soltanto di aprire la bocca e di darle fiato, senza pensare. Sappi allora – anche se chiaramente non sono affari tuoi – che non soltanto io dispongo di una scorta favo-lo-sa, ma che sono effettivamente riuscita a surlcassare le nostre sorelle e a impadronirmi degli indizi, e il tutto nella metà del tempo che ci vorebbe a te per insegnare ad uno qualsiasi di questi babbei a soffiarsi il naso!”
“Cosa che, già che ne stiamo parlando, magari farebbero anche bene a imparare quanto prima”, commentò Mara. Fissò uno degli uomini con espressione eloquente, prima di abbozzare una smorfia e riprendere a sorseggiare la sua birra.
Il cavaliere in prima fila strusciò i piedi, a disagio.
Si guardò intorno, con aria imbarazzata; poi ripiegò dietro le fila dei suoi compagni, biascicando qualcosa, e dando modo ad Alex di ripagarlo con un insulto e un vigoroso cenno stizzito.
“Piantala di spacciare frottole, Jade!”
Oh, bene.
Vedo che, se non altro, la sgradevole parte dei convenevoli l'abbiamo conclusa!
“Hai battuto sul tempo quelle ingenue di Miasara e di Jellina per un puro colpo di fortuna, perché non lo ammetti? Tu non hai convinto proprio nessuno a seguirti nella tua “impresa”. Non hai più sostenitori. Nessuno a corte sarebbe ancora disposto a fidarsi di te, e nessun gentiluomo o nobildonna ti vorrebbe mai sul trono. Sei rimasta sola.”
Gli occhi color malva di Jade sprigionarono una serie di lampi inquietanti.
“A chi hai dato della bugiarda, tu, brutta...”
Digrignando i denti, Jade schioccò imperiosamente le dita e incrociò le braccia sul petto, in attesa.
A guardarla in faccia, nemmeno un indovino avrebbe potuto dedurre con quanta ferocia le stesse scalpitando il cuore nel petto, o con quanta sinuosa agitazione le si stessero contorcendo le budella in corpo.
Seduti intorno al loro tavolino di legno, Moran, Brett e Mara si scambiarono un'occhiata.
Il guerriero sembrava seriamente perplesso; Mara formulò con le labbra una frase che molto evidentemente voleva significare (censurando gli improperi): “Non ci penso proprio.”
Brett colse l'occasione per togliersi un invisibile pelucchio dal polsino della camicia.
Dopo una breve pausa, Moran si scrollò nelle spalle, sfilò un coltellino dal cinturone, e cominciò ad usare la punta seghettata dell'arma per ripulirsi i denti dalle incrostazioni.
Jade si schiarì la gola.
“Ah-ehm!”
E, a quel punto, per pura disgrazia, a Brett capitò di intercettare lo sguardo di Blue.
Se ne stava stravaccata contro lo schienale di una sedia a dondolo, a due passi dal caminetto, con la mantellina foderata di pelliccia grigia gettata sulle spalle e le mani mollemente adagiate sui braccioli.
Non dava l'aria di essersi resa conto del piccolo putiferio in atto accanto alla porta.
Ma Brett non si lasciò ingannare.
A Blue non sfuggiva mai niente.
La guardò portarsi alle labbra il boccale colmo di tè alla menta, una bevanda che nell'umile opinione dell'esploratore avrebbe fatto spuntare le gambe e un'espressione sdegnata fra le foglie grasse di una pianta delle paludi, ma di cui la sacerdotessa a capo del loro sparuto gruppetto di 'avventurieri' non riusciva assolutamente a fare a meno.
Blue mosse il capo in un unico, impercettibile cenno del capo.
Brett abbassò le palpebre. Sospirò.
Poi si riscosse e si protese sul tavolo, sfiorando la manica della lurida casacca gialla di Moran con le dita.
“Che c'è?”, gracchiò il guerriero.
Ma Mara aveva già capito.
Seguì lo sguardo di Brett, colse il sorrisetto ammiccante sulle labbra di Blue, ed esalò un gemito.
“Il capo vuole che facciamo il nostro dovere, Mor”, spiegò, rassegnata.
“Che? Nooo! Perché?!”
Ma mentre il gigante scandiva la sua protesta, aveva già spinto indietro il suo sgabello.
Mara fece altrettanto, recuperando il bastone di legno dal suo cantuccio solitario e posando con fare cameratesco una mano sull'avambraccio di Brett.
Insieme, i tre girarono intorno all'orlo del tavolo e si portarono al fianco di Jade.
La principessa Alexandra studiò le loro figure con aria di plateale incredulità.
“Questi?”, ribatté, stupefatta. Poi scoppiò in una risatina chioccia. “Ma questi non sono cavalieri, Jade! Sono mercenari, e della peggior specie direi!”
Un soldato più giovane, alto e magro, aveva preso il posto del primo accanto alla sua padrona. Annuì, unendosi ai commenti beffardi di Alex.
“Già, appartengono a una razza precisa: quella delle nullità assolute!”
Ragliò a sua volta una risata, guardandosi intorno come se si aspettasse uno scoscio di applausi.
Ma l'unico suono che Jade udì risuonare fu uno scricchiolio strano, come di una fascina di vecchi legnetti gettati nel ventre di una stufa accesa.
Voltò appena il capo: la mascella di Moran continuò a rumoreggiare, mentre le sue braccia continuavano ad agitarsi, oscillando nervosamente contro i fianchi.
Mara, invece, riprese a parlare con un'inflessione del tutto indifferente.
“Certe volte mi domando perché, nel nome del cielo, gli idioti di questo mondo siano tutti tanto convinti di possedere questo gran senso dell'umorismo”, osservò. “Uno non dice tanto, ma potrebbe perlomeno farsi una ragione di essere nati scemi, e farci il favore di continuare a tenere il becco chiuso. Risparmiarsi le energie per il pensiero della giornata, insomma.”
“Senti, tu...”, fece per attaccare il tizio, ma un cavaliere più basso, dalla mascella sporgente, lo prevenne.
“Calma, fratello. Ti sta soltanto provocando, non vedi?” Un sorriso gli tese i muscoli del volto, cotto dal sole e squadrato come una cassa di legno. “Scommetto che è piuttosto brava, in questo.”
Moran perse la pazienza.
“Senti un po', grugno di porco”, intervenne,“che cosa vorresti insinuare?” Socchiuse gli occhietti porcini e li piantò addosso al soldato.
Il giovanotto si scrollò nelle spalle, per nulla impressionato dalle titaniche dimensioni del suo interloctore.
“Soltanto che era mi parso di recepire un'offerta nell'atteggiamento della vostra amichetta, quando sono entrato; e di ben altro tenore rispetto a quello sguardo minaccioso che mi sta scoccando adesso, aggiungerei”, rispose, ostentando un sorrisetto di sufficienza.
“Oh, bè, senti, ma questo...”, scattò Moran, ma Mara lo interruppe.
“Non ti scaldare. Ha ragione lui, sai.”
Il guerriero, che aveva già cominciato a portarsi la mano alla spalla, con l'ovvia intenzione di sfoderare il pesante spadone che portava assicurato alla schiena, si fermò di botto.
La cresta di ciuffi variopinti che gli sormontava il capo oscillò contro la lanterna a olio appesa al soffitto.
“Che cosa?!”
“Oh, e falla finita, Moran! Sono due settimane che andiamo avanti e indietro per boschi e paludi selvagge, senza incontrare altro che eremiti cenciosi e vecchi folletti gobbi pieni di pustole! Volevo svagarmi un po', va bene?”
Jade si passò una mano sul volto.
E Alex ricominciò a ridacchiare.
“Una bella compagnia, questa di cui ti sei circondata, sorella!”, si complimentò. “Di sicuro gli individui adatti, per intraprendere una missione che dovrebbe portare all'eventuale possesso del trono di un Impero!”
Il suo compagno mascelluto sottolineò l'osservazione con uno sbuffo sarcastico.
Agganciò il pollice della mano destra al passante del cinturone, facendo del proprio meglio per assumere una posa che risultasse al tempo stesso molto adulta e virile.
“Una ragazzina pallida, un tricheco smilzo e... questo qui fa piuttosto impressione, ve lo riconosco, lady Jedith!”, proseguì il giovane, accennando con il pollice alla volta di Moran. “Grosso come un orso, e con quella brutta faccia larga cattiva, poi... brrr! Che paura!” Scrollò le spalle, nella sardonica parodia di un brivido.
Una corrente d'aria gelida sferzò il collo di Jade, sollevandole le punte dei capelli dalla schiena.
Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che i tre mercenari, senza scambiarsi il minimo segnale, si erano portati in posizione e avevano spianato le armi.
[Modificato da Sophie86 21/10/2010 22:53]



"All along, I was searching for my Lenore,
In the words of Mr. Edgar Allan Poe.
Now I'm sober and nevermore
Will the raven come to bother me at home?"

Kremlin dusk - Utada Hikaru

"Tu credi che questo sia stato difficile? La verità ti spezzerà il cuore."
(Lady Sophie di Nessun Dove - "La Chiave del Caos")







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Blue consegnò il boccale vuoto alla cameriera, una ragazza che conosceva piuttosto bene, e che stava fissando il siparietto in atto nella sala con le pupille dilatate e un'aria di autentica costernazione.
“I tuoi ragazzi non mi metteranno mica di nuovo a soqquadro il locale, eh, Blue?”
“Via, Mary! Quand'è stata l'ultima volta che ti abbiamo creato scompiglio, vorrei sapere?”
La giovane roteò gli occhi e si allontanò.
Sospirando, Blue distese le gambe sul poggiapiedi innanzi a sé e si sfregò la fronte.
Una delle parti più interessanti del suo ultimo ingaggio, pensava, consisteva nel cercare di stimare con la massima precisione possibile quanto tempo ci avrebbe messo di volta in volta Jade a cacciarsi nei guai.
Quella donna possedeva un talento straordinario per le grane: le attirava come una scodella di latte piazzata sulla soglia attrae una fata affamata, e a questo riguardo c'era ben poco da fare.
Blue incurvò le labbra in un sorrisetto e osservò il soldatino più giovane, quello con il ciuffo sbarazzino, fare un baldanzoso passo in avanti e pararsi con atteggiamento protettivo davanti alla sua signora.
Notò anche che Jade aveva piegato appena il collo, borbottando qualcosa; nessuno dei membri del gruppo di Blue accennò a muoversi o a farle da scudo, in compenso Mara si avvicinò discretamente alle labbra la canna di bambù di una piccola cerbottana e si preparò a seccare il soldatino.
“Buoni”, impose Blue, alzandosi.
I mercenari si immobilizzarono.
Più di un paio d'occhi si voltarono a seguire la lenta traversata di Blue che, dal fondo della sala, si accingeva a risalire verso il quartetto dei suoi esagitati compagni.
Gli avventori si scostarono prudentemente al suo passaggio.
Blue posò una mano sulla spalla di Mara, che la ricompensò con una delle sue caratteristiche occhiate oblique, a metà strada fra l'aperta ribellione e la fosca sopportazione.
La sacerdotessa sorrise. Poi si portò davanti a Jade (sì, esattamente come lei aveva sperato) e fronteggiò Alex.
Quest'ultima sgranò gli occhi.
“E tu chi diavolo saresti?”
Blue sapeva che le insegne sul suo petto (il medaglione dell'ordine di Kora, che persino in quell'ambiente fumoso e vagamente ombroso spandeva intorno a sé un lieve chiarore ambrato) la identificavano chiaramente per quello che era, vale a dire una delle ultime sacerdotesse di Vasar- En- Lah- Mack rimaste attualmente in circolazione.
D'altro canto, sapeva anche (un paio di mesi di convivenza forzata con Jade ti insegnano questo e altro) che i membri della famiglia imperiale tendevano ad avere una visione assai parziale delle cose della vita, e piuttosto circoscritta a quegli eventi e antiche baggianate che inneggiavano alla purezza del sangue e alla presunta divinità della loro nobile ascendenza.
Pertanto, si limitò ad incrociare le mani in grembo, in quella che i suoi compagni definivano molto prosaicamente la sua 'posa da pia dama esoterica', e ad accennare un sorriso– e a premurarsi di mettere bene in vista i denti, in particolar modo i due canini, dalla forma sorprendentemente lunga e affusolata.
Il soldatino corrugò i due bruchi che aveva per sopracciglia, come se stesse cercando di inquadrare il tassello di un mosaico indecifrabile.
I clienti della locanda, vecchi habitué che erano sopravvissuti a ben altre tempeste, fecero danzare il pomo d'Adamo, si girarono verso il bancone e presero a fissare l'interessante parete di specchi al di sopra delle mensole colme di ampolle e bottiglie di vetro.
Blue si accorse che persino Mary sembrava essersi volatilizzata, probabilmente con la scusa di dover chiedere informazioni al lavapiatti o al cuoco.
Dopo qualche istante, l'espressione perplessa sul volto del soldato si stemperò in una smorfia avveduta.
“Ah, ho capito! Questa biodina è la vostra nuova balia, lady Jade; ve ne siete procurata una più giovane e carina, nella speranza...”
Mentre parlava, Blu sarebbe stata pronta a scommettere che fosse stato sul punto di dare di gomito ad Alex; se riuscì a trattenersi in tempo, fu soltanto perché di colpo la donna si girò verso di lui, contemplandolo come se fosse stato una una sostanza sgradevole rimasta appiccicata per caso alla suola della sua scarpa.
L'uomo si impappinò e si affrettò ad indietreggiare, il capo chino, l'espressione contrita.
“Grazie, Ko. Per oggi hai ciarlato abbastanza, grazie tante”, lo apostrofò Alex, in tono gelido. Poi tornò a voltarsi in direzione di Blue. Nei suoi occhi baluginò per un istante un lampo di studiata perfidia.
“Non ho alcun interesse ad attaccar briga con una masnada di animali sporchi e sudati”, comunicò ai presenti. Storse la bocca in una linea sottile. “E in quanto a te, Jade, ti consiglio di rivedere seriamente la qualità delle tue compagnie. I nostri regali genitori si sono dimostrati fin troppo comprensivi nei tuoi confronti, a quanto pare; ma stà pur certa che né io né le mie sorelle commetteremo lo stesso errore, quando una di noi si sarà assisa sul trono.”
Fece cenno ai suoi cavalieri di seguirla, e uno dopo l'altro essi si allontanarono, con il consueto corollario di grugniti, passi pesanti, commenti borbottati e occhiatine stralunate.
Jade rivolse una boccaccia alla schiena della sorella.
“Quando una di noi si sarà assisa sul trono!”, la scimmiottò, facendole il verso.
Poi realizzò che Blue la stava guardando.
“Ehm”, disse. Tossicchiò e si ricompose. “Bè, e tu dove diavolo... si può sapere perché non ti ho mai intorno, quando c'è bisogno di te?”, attaccò, con voce stridula.
“Tonana?”, replicò Blue, a occhi sgranati.
Jade sbuffò. “E' il mio nome reale, un nome molto antico e rispettato, se vuoi saperlo!”, si giustificò, con le guance accaldate.
“Ma davvero?”, fece Moran, saltandosene su con il suo vocione stentoreo, e facendo sobbalzare Jade.
La quale per poco non pestò il piede a Mara, tutta concentrata nel tentativo di oliare l'ingranaggio di una vecchia balestra, spuntata fuori da chissà dove. “Senti un po', madamigella: te la vuoi dare o no, una calmata? Sei un fascio di nervi! Vuoi che mi parta una quadrella?”
“Metti via quell'arnese, Mara”, la rimbeccò Blue, paziente.
“Eppure io gliela darei volentieri una lezione, capo, a quei quattro cicisbei impomatati!”, bofonchiò Moran.
“Oh, piantatela!”, scattò Jade. “Siete dei personaggi veramente assurdi, voialtri, lo sapete? Cos'è, non v'è bastato lo scontro con quell'orco puzzolente di ieri sera? Dovete per forza menare le mani, non sapete fare altro?”
Prima che il diverbio innescasse l'ennesima litigio, Blue si affrettò a farsi sentire: “Sentite, cerchiamo si starcene seduti tranquilli e badiamo agli affari nostri, per una volta, va bene? Quella gente... si è comportata in maniera piuttosto antipatica nei nostri confronti, lo ammetto.”
Brett sbuffò, scuotendo la testa con aria eloquente.
Blue sollevò una mano.
“Ho detto d'accordo. E per questa volta, mi concederete un eufemismo. Non voglio sentire obiezioni. E' finita. Del resto, ci hanno chiamato in modi peggiori in passato, e voi lo sapete. Perciò, rilassatevi. Nessuno si è fatto male. Nessuno dovrà ripagare a Mary i danni per un tavolo rotto o un muro sfondato. Nel complesso, direi che è finita
bene per tutti quanti. E adesso, se non vi dispiace, mi farete il santo piacere di sedervi e di smetterla di rompermi le scatole. E intendo dire tutti e quattro. Grazie.”
Blue aveva scandito il suo discorsetto nel solito tono pacato, senza scomporsi; ciononostante, nessuno, nemmeno Mara, se la sentì di contestarla.
Dopo pochi minuti, l'atmosfera nella sala comune parve alleggerirsi notevolmente.
La gente riprese a chiacchierare tranquillamente, e il menestrello spelacchiato si affrettò a tornare sul palco, pronto ad attaccare un'altra ballata stonata.
Mary servì la cena, con un sorriso angelico e l'espressione sognante di chi sia perfettamente consapevole di aver scongiurato il disastro per un soffio.
L'anatra arrosto, con contorno di carote e fagiolini sminuzzati, riuscì a tenere avvinta l'attenzione dei suoi per qualche minuto, così Blue ne approfittò per studiare con calma gli individui seduti a qualche tavolo di distanza.
Alexandra sedeva composta, una presenza bizzarra e quasi innaturale nel contesto fumoso del locale. Il simbolo della sua casata, un minuscolo fiore di loto intrecciato all'elsa di una spada a doppio taglio, spiccava fra i ricchi ricami del mantello di broccato.
Un movimento improvviso alla sua sinistra catturò l'attenzione di Blue. Sbatté le ciglia e si voltò, in tempo per scorgere Mara intenta nell'atto di pulirsi le mani sulla tovaglia di lino bianco.
“Vado a vedere se riesco a scrollarmi questa tensione di dosso”, annunciò la giovane.
Prima che Blue avesse l'opportunità di replicare, Moran sbottò: “In che modo?”
Mara si limitò a scrollarsi nelle spalle.
“Ti saremmo tutti grati se ti astenessi dal dare spettacolo, grazie”, sibilò Jade. Con la forchetta scansò uno porzione particolarmente succulenta della fetta di carne che aveva nel piatto; senza pensarci, Brett si avventò sull'arrosto e le rubò il cibo da sotto il naso.
Jade mormorò una bestemmia ed espirò una boccata d'aria fra i denti serrati.
Mara sostenne il suo sguardo per qualche secondo. Infine, dischiuse le labbra e ruttò; poi spinse indietro la sedia, avviandosi con noncuranza in direzione della pista da ballo.
“Oh, ma andate tutti al diavolo!”
Frustrata, Jade scaraventò il tovagliolo sul tavolo e spinse da parte le stoviglie.
“Ma si può sapere che cosa ti è preso, stasera?”, la apostrofò Blue.
“E me lo chiedi pure?!”
“Te lo chiedo sì! Sei addirittura più insofferente del solito.”
Jade cominciò a picchiettare con l'unghia l'orlo del calice.
A pochi passi di distanza, Mara stava porgendo la mano ad un tizio piuttosto alticcio, dal cranio rasato; i due balzarono su un barilotto di birra e si misero a danzare, dimenando i fianchi e ridendo in un assordante frastuono di urla e di applausi generali.
“Dei sacrosantissimi!”, bisbigliò Jade, ingollando un sorso di idromele come se si trattasse di una dose di amara medicina.
“Ehi, vacci piano, con quella roba, principessa!”, la ammonì Blue. “Non è esattamente del succo di more, quello!”
“E' soltanto miele!”, scattò Jade, con un gesto stizzito. “Tu, piuttosto! Non hai intenzione di fare niente per fermare questo scempio, vero?”
“Quale scem... Ah. Andiamo, Jade! Mara è un po' vivace, ma sa badare a se stessa.”
Almeno, spero.
“Davvero? Sì, bé, magari ti sarà anche sfuggito, ma io non vi pago per ruttare e ballare!”
Moran colse l'occasione per scrocchiare le nocche e intrecciare le mani dietro la nuca.
“Veramente, per quanto ne so, finora non ci hai pagato affatto.”
Questa osservazione mise a tacere Jade per qualche istante.
Blue si sporse verso di lei.
“Allora, sentiamo. La conversazione con tua sorella ti ha turbato, dico bene?”
Invece di rispondere, la vide irrigidirsi e lasciar scivolare lo sguardo.
Prima che avesse la possibilità di cambiare argomento (inventandosi di aver appena intravisto lo zampettio furtivo di un topo in un angolo, per esempio, oppure lamentandosi per la centesima volta dello scarso interesse per l'igiene personale che sembravano dimostrare gli avventori di quel posto), Blue incalzò: “E' per via dell'accenno a vostro padre, giusto? L'Imperatore può veramente estrometterti dalla caccia alla corona?”
Finalmente, Jade si decise a rispondere.
“No”, sospirò. “Mio padre non può tagliarmi fuori dalla competizione per il trono. Se avesse avuto questa opzione, a questo punto l'avrebbe già sfruttata, credimi. No, la tradizione impone che tutti i figli e tutte le figlie dell'attuale sovrano in carica prendano parte alla ricerca della corona nascosta, e che si godano la loro occasione.”
“E allora, se fossi in te, mi darei una regolata”, si intromise Moran. “Invece di startene lì seduta ad abbacchiarti, scova quella corona, diventa imperatrice, e trasforma quelle non-so-quante babbione delle tue sorelle in Buffone Imperiali!”
Jade abbozzò un sorrisetto. “Eh, magari fosse così facile!”
Ma, dall'espressione che portava stampata in volto, Blue intuì che stava già pregustando la scena.
All'improvviso, di punto in bianco, il volto della principessa tornò tuttavia a rannuvolarsi.
“Non posso credere che tu abbia intenzione di permettere a quella bifolca di continuare a infangare il mio nome!”
“Chi?”
“Fa già abbastanza impressione essere costretta a mostrarmi pubblicamente in vostra compagnia... ma guardala là, sembra una danzatrice di strada! E' oscena!”
Blue sospirò.
“Jade...”
“Devi dirle di piantarla, e subito!”
“Dovrei?”
“Oh, sì: dovresti!” Jade la guardò in tralice. “E già che ne stiamo parlando, vorrei che tu sapessi che non mi è piaciuto affatto, il modo in cui ti sei comportata prima!”
“Ah, no?”
“Quando qualcuno mi offende, mi aspetto che tu sia lì per intervenire!”
“E sono intervenuta, infatti! O sbaglio?”
“Hai lasciato che fosse Alex ad avere l'ultima parola!”, insistè Jade, contrariata.
Blue non riusciva quasi a credere alle sue orecchie.
“Ho evitato che scoppiasse l'ennesimo pandemonio! Cos'è, adesso vorresti dirmi... Dove credete di andare, voi due?”, si interruppe, voltandosi ad inchiodare Moran e Brett con lo sguardo.
I due compagni avevano pensato bene di cogliere l'occasione al volo per levarsi di torno.
“Ehm.... stavamo pensando, quasi quasi è meglio andare a ripescare Mara...”
“Non ce n'è nessun bisogno, e rimettevi seduti!”, sbottò Blue.
Ecco fatto: come al solito, gli sbalzi d'umore di Jade avevano finito con il logorare i nervi anche a lei!
Sollevandosi per metà dalla sedia, attirò l'attenzione di Mara e si passò di piatto il dorso della mano sulla gola.
Quando Mara notò quel gesto, si lasciò sfuggire una colorita imprecazione e roteò gli occhi, ma balzò giù dal barile, seppure con un' espressione di profonda riluttanza.
In quel momento il battente si spalancò, rivelando la figura trafelata di un contadino dalle ghette infangate.
L'uomo scivolò sulle assi, mulinò le braccia, e finì con il rovinare lungo e disteso ai piedi degli altri avventori.
Fra l'ilarità generale, l'unica a piegare il ginocchio a terra per aiutare il nuovo arrivato fu Mara.
“Ehilà, amico! Sicuro di sentirti bene?”
L'agricoltore, un uomo piuttosto anziano, munito di un'ispida barbetta caprina, si lasciò sollevare in piedi. Fissò Mara con occhi spiritati, snocciolando un paio di frasi incoerenti.
“... li hanno presi! Barricate le porte, verranno anche qui! Barricate...”
Si interruppe, il corpo scarno scosso da una serie di brividi convulsi.
Mara affidò il vecchio alle cure di Mary, quindi si diresse verso il tavolo dei compagni, a passo felpato.
“Ahia!”, commentò, lasciandosi ricadere pesantemente al suo posto.
Blue, che stava giocherellando con la fascia decorativa color cobalto che le cingeva il polso, le lanciò un'occhiata.
“Ahia, che cosa?”
“Quello va farneticando qualcosa a proposito di un rapimento, e di una banda di goblin appena scesi dalle montagne...”
Brett si sporse in avanti e allungò un calcetto sotto il tavolo alla volta di Mara.
“Ahio! E che vuoi?!”
L'esploratore curvò le labbra e si scrollò nelle spalle.
“Che cosa ce ne importa? Oh, a me proprio niente!”, precisò la ragazza. Fece una smorfia. “Ma la nostra principessa, qui, di sicuro avrà una sua precisa opinione da esprimere al riguardo!”
Blue (che la pensava come Mara) aspettò che in effetti Jade si decidesse a prendere la parola.
Un discreto capannello di persone si era appena riunito intorno all'anziano, intento ad ascoltare il resoconto del vecchio.
Fra di essi, altrettanto evidente di una zucchina nascosta in una cesta piena di pomodori, spiccava l'elegante figura di Alexandra Malon.
“Ahia!”, mormorò Blue sottovoce.
Jade cominciò a tirarla per la manica.
“Andiamo a vedere che cosa succede!”
“Perché?”
“Come sarebbe a dire, perché?”
“Di qualunque cosa si tratti, non sono mica affari nostri!”
Jade gonfiò le guance.
“Si presume che io debba aspirare a diventare l'Imperatrice di queste terre”, le ricordò. “Se un problema angustia la mia gente, non ho forse il diritto di esserne informata?”
Blue si sforzò di riflettere.
In mancanza di argomentazioni valide, alla fine si sentì obbligata a ribattere: “D'accordo.”
Mara scosse il capo, con aria di disapprovazione.
“Fai male a dargliela sempre vinta, capo”, dichiarò, non appena Jade si fu un po' allontanata.
“Io non...”
“Quella ci seppellirà sei piedi sottoterra”, rincarò Moran, annuendo.
“Io non...”
Blue fece per ribattere, ma in quel momento udì la voce stridula di Jade che la chiamava, impaziente:
“Blue! E sbrigati!”
“Arrivo!”



"All along, I was searching for my Lenore,
In the words of Mr. Edgar Allan Poe.
Now I'm sober and nevermore
Will the raven come to bother me at home?"

Kremlin dusk - Utada Hikaru

"Tu credi che questo sia stato difficile? La verità ti spezzerà il cuore."
(Lady Sophie di Nessun Dove - "La Chiave del Caos")







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