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E+E e Francesco

Ultimo Aggiornamento: 31/01/2007 22:40
06/01/2007 16:16
 
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E+E e Francesco.

Regalo per tutti da parte del befano Daréios [SM=x1263963] , non ci sono ma vi penso...

Piazza Centrale di Gambarie, 15 agosto 2000.

Le solite turbe di turisti si muovevano a gruppi in attesa di chissà che, nella grande piazza, quando una folgorazione passò per strada e lasciò tutti in fermo immagine.
Il caldo sparì, il rumore si attenuò e Francesco, giovane proeta dall'aria un pò triste s'incuriosì. In tutto questo c'era sicuramente la mano di qualche angelo o chissà, forse del Destino stesso. Fatto sta che Francesco seguì questa folgorazione: due ragazze.
Lo seppe d'istinto, erano due gemelle. Si tenevano per mano (per mignolo e anulare) ed erano quasi totalmente l'opposto ma c'era il colore ceruleo del cielo negl'occhi o forse solo il fatto che avessero gli stessi tratti del viso? Seppe solo che un istinto lo spingeva prepotente a seguire...1 il sogno ad occhi aperti della bionda:lei era avvolta strettamente, ma in modo molto scarso, in un vestitino azzurro. Muoveva ritmicamente il sedere da destra a sinistra facendo risaltare il resto del lungo corpo flessuoso. Con la mano sinistra(indice medio) teneva una lunga sigaretta francese, con anulare e mignolo dell'altra teneva le stesse dita della sorella. 2 La mora contrariamente ai lunghi e biondi, avvolti in chignon della sorella, ma era come uno di quei sogni che si fanno la notte,così intensi e profondi, selvaggi e dal fascino irresistibile ma che ti strambano. Prosperante è un aggettivo sostantivato perfetto per definire il corpo di lei; carnagione bruna, abbronzata, contrasto quindi assoluto con l'altra anemica. NElla mano destra un walkman in funzione e canticchiava qualcosa di triste visto il viso, quasi pronto alle lacrime, volte faceva un tiro dalla sigaretta della bionda. Diciamo che fu la mora a farlo sussultare ma lui non lo sapeva ancora. Le aspettò al bar e come un cavaliere d'altri tempi offrì loro ospitalità ad un tavolo e qualcosa da bere.
"Sole Cuore Amore" cantava la bionda, la mora si presentò: -Esmeralda. Sai, è un nome dalle tante origini...incerte. Si sa solo che vuol dire pietra verde e che ce l'ha anche la zingara di Notre Dame de Paris...quel libro dove c'è Quasimodo "brutto, zoppo e guercio," Conosci?- E fece quella risatina fresca come quella sua vocina, poi continuò: -Lei invece è Evia, è la mia gemella. Lei è sacra al dio Bacco, ecco. Lei è la figlia di Dioniso.-
Aria intensa sul suo viso, non rise neanche Fra'nostro perché Evia gli mollò un calcione e disse: "E tu chi sei, orso?"
A suo modo e malgrado stavolta non potè evitarlo, rise di gusto, portò la mano al cuore facendo un mezzo inchino e disse "Proeta in cerca d'ispirazione perduta. Francesco per servirvi!"
Evia gli mollò un altro calcione mentre Esmeralda lo prese per mano e sussurrò come una magia:-Allora E+E saranno le tue Muse!-
E non lo lasciò più, durò una settimana, ma fu intensissimo. Evia sparì lo stesso giorno con un tale Marco, torbida storia d'amore. Esmeralda invece lo amò come nei romanzi di Chrétien de Troyes: Lancillotto e Ginevra, Tristano e Isotta. Fu come un incantesimo sortilegio...La mora lo catturò: cuore, spirito e mutande fin dalla prima notte. Parlavano per ore e senza pause di qualunque cosa. Si fermavano a volte per mangiare, poi dormivano e ballavano fin'a scoppiare. Sulle mutande è un'altra storia ma v'assicuro che non lo fecero.
Quando sembrava che Francesco stesse per toccare l'IperUranio di Platone, il paradiso dove vivono le Idee di Bellezza, VErità. Lassù era tutto così bello, così vero...lei sparì e lo lasciò solo. Dopo la solita stancantebellissima notte. Lei si diede alla macchia, come i banditi e lo lasciò ferito e confuso...gli sembrò o forse sognò di gridarle: PAZZA!
Per tre giorni vide solo scuro. Birre scure. Ne comprò due dozzine di casse quando finì la scorta dopo tre giorni e s'addormentò.
"Francesco. Francesco. Francesco."

Il suo nome urlato ritmicamente e in modo angosciante, terrorizzato è un gran trauma per uno che si sveglia dopo una sbronza di tre giorni. Era Evia a chiamarlo però e non ci pensò molto, Spiccò un salto dal giardino balcone e prese di spalle le scale. Un ragazzo, Marco, le gridava qualcosa, solo puzza d'alcool e rabbia nell'aria. Francesco aspettò che si girasse e lo picchiò così forte che lo fece scappare, poi portò Evia all'ospedale. Quando tornarono, qualche giorno dopo, erano già fidanzati. Mani strette come promessa. Lei lo tenne stretto a sé per un mese, come se fosse un orsetto di peluche. E così lo chiamava, "Orso!". E poi lo picchiava. Francesco la chiamava invece:"Orsetta bianca...la smetti con questo sport?" Lei però non smetteva di picchiarlo, ma il suo vero sport, o hobby o vita era la danza. E Francesco ebbe modo di vederlo la mattina dopo l'ospedale, molto presto, quando la vide stressare e stirare le gambe in lunghi esercizi. Gli aveva rivelato che studiava danza da quando aveva otto anni, quindi a quanto sembrava 10 o 12 anni prima. (Non le aveva chiesto l'età, non è cosa da fare, né gl'importava granché)e cacchio, aveva certe gambe muscolose e lisce e splendenti che, se mentre durante l'allenamento non aveva voluto distrarla, quando uscì dalla doccia non ce la fece più. S'alzò e sorprese le sue guance umide e fresche, subito rosse, con un bacio simile ad esse. "Brutto Orso cattivo, ma tu non stavi dormendo, eh?" Lui allora ignorò i suoi pugni e cominciò a baciarle le dita dei piedi e poi iniziò a salire.
Era iniziato Tutto a quel tavolo in piazza e Tutto iniziò precipitosamente a spegnersi con una vorticosa caduta a testa in giù quando Evia enunciò il suo più lungo discorso:
"Io ti amo, lo sai vero?" Cacchio era serissima! Continuò:"Spesso cerco in me qualcosa che voi mi date, ma non lo trovo..." Francesco voleva chiedere di chi parlasse, ma lei lo zittì mettendogli indice e medie delle sue lunghe dita sulle labbra e disse:"Sappi che se io non parlo ma sorrido soltanto o ti picchio, io t'amo come non ho mai amato nessuno." Poi rispose al suo bacio con un sorriso, splendido dono divino che lo riempiva di felicità. Il sole in Esmeralda era negli occhi e dentro di lei; in Evia era nel viso quando rideva e nella sua sola presenza. Ma Evia andò avanti e il suo viso era oscurato, come se ci fosse una terribile ecclissi di sole: "Dov'è Esmeralda? E' fuggita... o l'hai fatta scappare...vero?" Calcò sull'ultima parola e lui, lui non seppe far altro che dire: "se n'è andata, è stata lei a ferirmi!" Lei disse a bruciapelo:"Tu la ami, vero?" Silenzio chiarificatore per lui, ma non per lei che forse sapeva o immaginava, ma non ci credeva. Realizzò d'adorare Evia ma d'amare Esmeralda. Questo per un attimo lo stordì, lo isolò in se stesso. Evia vide ch'era inutile dargli pugni sul petto e fuggì per chiudersi nella stanza da letto. E piangere.
Dopo un attimo, tutto era molto lento, Francesco sentì i pugni di lei sul petto, gl'aveva fatto male stavolta! Bussò e lei, tra le lacrime, urlò: "Vattene, ti odio!" Lui sentì come un pugno acutissimo e poi un sonoro "crack" al petto, ma quando s'accorse di non avere coperte per la notte rimase quasi stecchito ( location: montagna più alta della Calabria del sud, ormai vicini all'autunno)Fece spallucce, nero di rabbia e andò a fumare fuori.
Dopo un pò di tempo e due, tre sigarette s'accorse che stava piangendo e s'incavolò ancora di più. Pensò ad un'altra ragazza che aveva un nome che iniziava per E, per la quale era salito quassù, per dimenticare dopo quell'anno magico. Poi apparve Esmeralda, gli prese la sigaretta e tirò. Francesco non fiatò, s'aspettava il suo arrivo, chissà perché, studiò invece il viso bagnato di lei…: i capelli ricci, sciolti d’acqua sulle guance dagli zigomi alti….Lei gettò la sigaretta e lo baciò sulle labbra, quasi lui non s’era accorto della pioggia, poi tentò di buttarlo sul tavolo di pietra. Ma lui combatté, incavolato, confuso. Poi lei disse:-Grazie per aver salvato Evia. Forse l’hai fatto anche con me perché non ho più paura d’amarti fino in fondo, di perdermi- Lui cercò di scacciarla, di spingerla via dal tavolo d i pietra sotto il pino, ma il tono delle sue parole e il suo viso quando le diceva lo costrinsero a pensare. Francesco si distrasse, allora lei lo buttò sul tavolo e lo spogliò della camicia. Tutto accadde così velocemente da impensierire il pensiero stesso. I due s’amarono tra le felci per la prima volta.
Al mattino Francesco si svegliò solo, nonché dolorante. Forse per il luogo freddo e umido, forse per il bel fare notturno con Esmeralda. Sapeva solo di stare infinitamente bene. Poi entrò in casa, vide che mancavano le chiavi, al loro posto un messaggio.

Siamo in piazza. Alle 11 c’è il blu bus per Milano. Se non ti svegli troverai la tua grigia in piazza, le chiavi da Emanuele al bar
Evia ed Esmeralda


Francesco notò che aveva scritto l’Esmeralda e lei è sempre seria. Si vestì in fretta e furia ed in un quarto d’ora le raggiunse. Erano le undici meno venti e il pullman era già lì.
Esmeralda lo accolse dicendo, tranquilla quasi senza tono, sicuramente triste: -So Tutto, sappiamo Tutto. T’ho sognato spesso, sai? T’ho amato col rischio di perdermi ma non m’è successo quando l’abbiam fatto, no? Grazie ancora per aver salvato Evia, ma non basta, non hai saputo scegliere e, come tutti i mortali, hai fatto un gran casino.- Disse d’aspettare e continuò: - Con Evia ti saresti perso comunque, per cui chiudiamo qui e basta. Fai finta che non ci siamo mai incontrati…- Stavolta però lui sbottò, stanco d’essere usato quasi da questi due angeli, forse dal Destino. “Quel cieco stronzo allora avrebbe sbagliato? Tu forse con la piccola orsetta bianca m’avete mentito? Vattene via con tua sorella e lasciami solo” Neanche ad Evia permise di baciarlo, solo un abbraccio,ma solo per non vederla piangere. Ma poi vide Esmeralda salire sul bus, quasi risentita e Francesco la raggiunse all’interno. Quindi la prese per mano, la rabbia già svanita: “Non dirlo, non dire che non è stato vero…” Esmeralda lo baciò sulla fronte e poi su entrambe le guance, qua e là sul suo viso lacrime sparse, lo portò fuori tenendolo per mano.
Dentro il bus poi e la sorella piangente sul petto sparì dietro l’angolo lontano.
Il fermo immagine svanì e tornò il caldo, la folla. In tasca un pagliaccetto ed un messaggio, su papiro o pergamena? Qualcosa del genere… Stavolta scriveva Evia:

Le Muse ti salutano Proeta! Siamo stati amanti anche in altre vite? Boh!…Sappiamo solo, molto prosaicamente, che dobbiamo tornare perché i nostri genitori sono malati. T’ameremo per un po’, probabilmente poi finirà. Ricorda solo che l’amore gira; non importa chi o quando, ma come ami le persone che incontri. E tu c’hai amato intensamente entrambe, come solo un dio può. Forse sei il nostro Apollo?. In un’altra vita c’incontreremo, magari. E+E, le Muse.

[Modificato da $Darius$ 06/01/2007 16.26]

Daréios Merlino.
Arcidruido di Avalon.
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08/01/2007 18:22
 
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LORD
Autrice Fantasy
***** Aredhel Alcarin *****
*..del Puledro Impennato *
Carina e simpatica davvero!

Complimenti Mago... però.... scusa l'ignoranza... ma cos'è un proeta??????


08/01/2007 23:09
 
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********Moderatore********
LORD
**********Oracolo**********
Wow! Ma come fai a racchiudere in così poche righe così tanti significati che mi lasciano stordita? Non so più cosa pensare, tante sono le direzioni in cui vorrei voltarmi per immergermi nella storia. Si propaga! [SM=x1263964]
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09/01/2007 11:56
 
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beh
...il proeta è prosatore poeta, l'ho inventato io imitando il prosimetra dantesco...claro? [SM=g27988] Stavo per scrivere la proesia che lo racconta stamane...[SM=g27985]
Grazie Eli, sei gentilissima [SM=g27995] ... [SM=x1263938]

[Modificato da $Darius$ 09/01/2007 12.57]

Daréios Merlino.
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31/01/2007 22:40
 
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Questo è il testo modificato
E+E e Francesco.

Piazza Centrale di Gambarie, 15 agosto 2000.

Le solite turbe di turisti si muovevano a gruppi in attesa di tutto e di nulla nella grande piazza, quando una folgorazione passò per la strada principale e lasciò tutti in fermo immagine.
Il caldo sparì, il rumore si attenuò e Francesco, giovane proeta dall'aria un pò triste ma decisa, s'incuriosì. In tutto questo c'era sicuramente la mano di qualche angelo o chissà, forse del Destino stesso.
Sappiamo solo che Francesco seguì questa folgorazione: due ragazze.
Lo seppe d'istinto che erano due gemelle. Le due ragazze si tenevano per mano ed erano quasi totalmente l'opposto ma era forse il colore ceruleo del cielo negl'occhi d’entrambe, , o solo il fatto che avessero gli stessi tratti del viso a convincerlo che fossero uscite dalla stessa pancia dopo averci passato nove mesi insieme? Francesco seppe solo che un istinto lo spingeva prepotente a seguire: il sogno ad occhi aperti della bionda:lei era avvolta strettamente, ma in modo molto scarso, in un vestitino azzurro. Muoveva ritmicamente il sedere da destra a sinistra facendo risaltare il resto del lungo corpo flessuoso. Con indice e medio della mano sinistra tratteneva quasi senza accorgersene una lunga sigaretta francese, e nella destra stringeva la sinistra della sorella, tenendola per due dita in modo malizioso e sbarazzino.. Le sue gambe erano perfette, avendo, come la Dea Venere le 3 famose fosse all’interno se messe vicine e guardate nella loro simmetria. I suoi occhi avevano lo strabismo della Dea uscita dalle acque, che in greco prende il nome dalla spuma da cui uscì: Afrodite: generata dalla Spuma del mare, sulle coste di Cipro.
La mora invece era come uno di quei sogni che si fanno la notte…così intensi e profondi, selvaggi e dal fascino irresistibile ma che ti strambano. Occhi azzurri come l’altra e strabismo di Venere a testimonianza della sua bellezza semidivina. Contrariamente ai capelli lunghi, biondi e avvolti in chignon della sorella, li portava corti e sbarazzini. Prosperante è un aggettivo sostantivato perfetto per definire il corpo di lei; carnagione bruna, abbronzata, contrasto quindi assoluto con l'altra anemica. La mora nella mano destra teneva un walkman in funzione e canticchiava qualcosa di triste. Lo si poteva notare guardando il viso, quasi pronto alle lacrime. E, a volte faceva un tiro dalla sigaretta della bionda.
Noi sappiamo che fu la mora a farlo sussultare ma Francesco non lo sapeva ancora. Le aspettò al bar e come un cavaliere d'altri tempi offrì loro ospitalità ad un tavolo e qualcosa da bere.
"Sole Cuore Amore" cantava la bionda, la mora si presentò: -Piacere, sono Esmeralda. Sai, è un nome dalle tante origini...incerte. Si sa solo che vuol dire pietra verde e che ce l'ha anche la zingara di Notre Dame de Paris...quel libro dove c'è Quasimodo "brutto, zoppo e guercio," Conosci?- E fece quella risatina fresca come quella sua vocina, poi continuò: -Lei invece è Evia, è la mia gemella. Lei è sacra al dio Bacco, ecco. Lei è la figlia di Dioniso.-
Aria intensa sul suo viso, non rise neanche Fra'nostro perché Evia gli mollò un calcione e disse: "E tu chi sei, orso?"
A modo suo e malgrado il suo modo di corteggiare, al calcio della bionda rise di gusto, portò la mano al cuore facendo un mezzo inchino e disse "Sono un proeta in cerca d'ispirazione perduta, Francesco per servirvi!"
Evia gli mollò un altro calcione mentre Esmeralda lo prese per mano e sussurrò come una magia:-Allora E+E saranno le tue Muse!-

Esmeralda non lasciò più la sua mano, la loro relazione durò una settimana, ma fu intensissima.
Evia sparì lo stesso giorno con un tale Marco, presa da una torbida storia d'amore.
Esmeralda invece lo amò profondamente e viceversa. Il loro nido d’amore fu la casa di suo zio poco lontano dalla piazza. Le raccontò i famosi romanzi di Chrétien de Troyes: Lancillotto e Ginevra, Tristano e Isotta.
La mora lo catturò: cuore, spirito e mutande fin dalla prima notte. Fu come un incantesimo sortilegio.
Parlavano per ore e senza pause di qualunque cosa. Si fermavano a volte per mangiare, poi dormivano e ballavano fino a scoppiare. Sulle mutande è un'altra storia ma v'assicuro che non lo fecero.

Francesco le baciava lentamente il collo tenendola tra le sue braccia nel salone e diceva: “La tua bellezza è simile alle stelle del cielo, fisse e statiche memorie del passato. Sei profonda, vitale e piena d’eros. Tu sei per me la Voce che fende il cielo e lo rende glorioso, sei la mia Musa….Sento il battito del tuo cuore e vibro al tuo sguardo che mi rivela la bellezza della Creazione nel tuo sguardo onorato dal dono di Afrodite.”
Esmeralda sorrideva e baciando la sua mano diceva:”Ti amo, in un modo che non può essere descritto. Ti sogno e ti trovo qui, ti vedo e sento le tue emozioni….forse siam stati vicini anche in altre vite come si dice o con Platone eravamo parte della stessa entità prima che Zeus ci separasse.” Poi prese un’albicocca e iniziò ad imboccarlo, e lui la guardò malizioso, Francesco prese una ciliegia e la immerse nella panna. Prese ad imboccarla girando il frutto nella bocca di lei. Lentamente.
Le loro bocche s’incontrarono e iniziarono ad esplorarsi e le mani dei due a toccarsi.

Quella sera il proeta s’era convinto che avrebbero fatto all’amore, ma quando sembrava che stesse per toccare l'IperUranio di Platone (il paradiso dove vivono le Idee di Bellezza, Verità e Bellezza) lei fuggì terrorizzata.
E sparì, lasciandolo solo.
Dopo la solita stancantebellissima notte, Esmeralda si diede alla macchia, come i banditi, e lo lasciò ferito e confuso dentro...a Francesco sembrò o forse sognò di gridarle: PAZZA!
Per tre giorni vide solo scuro. Birre scure.
Il proeta comprò due dozzine di casse di birre Irlandesi quando finì la scorta dopo tre giorni, ma non riuscì a berle tutte e s'addormentò.
"Francesco. Francesco. Francesco."

Il suo nome urlato ritmicamente, in modo angosciante e terrorizzato è un gran trauma per uno che si sveglia dopo una sbronza di tre giorni. Ma era Evia a chiamarlo e non ci pensò molto.
Percorse la stanza senza calcolare il mal di testa, spiccò un salto dal giardino balcone e atterrò alle spalle del ragazzo che picchiava selvaggiamente Evia. Marco le gridava qualcosa, solo puzza d'alcool e rabbia nell'aria. “Puttana, tu stai solo con me, e basta. Non c’è nessun altro per te. E ora lo capirai”
Francesco aspettò che si girasse e disse:”Tu non hai nessun potere su di lei. Brutto bastardo!”E gli menò un gancio al mento. Marco lo guardò per un attimo confuso e gli restituì il pugno, Assorbito il pugno Francesco finse di barcollare e intanto caricava il destro. Marco, sorridente disse:”Tu sei un nullafacente; dal padre ignoto, sporco Terrone. Vai a fare compagnia alla scrofa che t’ha partorito!”
Quando quello s’avvicinò per colpirlo di nuovo, sorridente, Francesco gli tirò un dritto così forte che lo fece scappare. Poi portò Evia all'ospedale.
: Quando tornarono, qualche giorno dopo, erano già fidanzati. Mani strette come promessa. Lei lo tenne stretto a sé per un mese, come se fosse un orsetto di peluche. E così lo chiamava, "Orso!", poi lo picchiava.
Francesco la chiamava invece:"Orsetta bianca...” E alle botte di Evia commentava:” Ma….orsetta la smetti con questo sport?" Lei non smetteva di picchiarlo e il suo vero sport, hobby o Vita era la danza.
Francesco ebbe modo di vederlo la mattina dopo esser tornati dall'ospedale, molto presto, quando la vide stressare e stirare le gambe in lunghi esercizi. Cacchio, aveva certe gambe muscolose e lisce e splendenti che, tra l’ammirato e l’eccitato, gli venne in mente che la mattina dopo averla salvata (erano ancora all’ospedale) lui le aveva chiesto: “Queste gambe:….sei una danzatrice?” Evia aveva risposto: “Studio danza da quando avevo otto anni…” In modo malizioso aveva continuato”Almeno dieci anni fa…quanti anni mi dai?”.
Francesco aveva sorriso e detto:”Non m'importa granché, tu sei come una Dea per me. La tua bellezza è purezza interiore, sei come uno specchio o una cascata cristallina: Brilli!” Mentre durante l'allenamento non aveva voluto distrarla, quando uscì dalla doccia non ce la fece più. S'alzò e sorprese le guance umide e fresche, subito rosse, dell’eterea bionda con un bacio simile ad esse. Lei sbottò con fare malizioso: "Brutto Orso cattivo, ma tu non stavi dormendo, eh?" Lui allora, ignorando i suoi finti pugni di ribellione, cominciò a baciarle le dita dei piedi e poi iniziò a salire.


Sala dei Banchetti dell’Olimpo dove il tempo non esiste ed è un eterno presente, Zeus è nervoso e stringe il pugno seduto sul suo seggio, con il solo pensiero convoca Hermes e dice:
“Figlio mio, sono preoccupato. Cosa devo fare con Calliope? Fugge dalla mia protezione, s’unisce spiritualmente a tanti uomini come con questo Francesco e non si concede mai…di questo sono contento per carità….” E un sorriso taglia il suo viso mentre, contento si tocca la barba e guarda il figlio che è appena apparso. Poi torna serio e dice”Per non parlare di Clio…. Cosa posso fare con lei? Si concede agli uomini e ha perso la verginità da tempo….continua a sfidarmi...E si sta concedendo a quel proeta anche lei. Cos’avrà di speciale, di chi è figlio?” Come turbato dalla sua stessa idea cambia argomento e dice:”Chi sia egli non importa! Devo forse trasformarle in qualcosa per farle rinsavire?”
L’algido Hermes lo ascolta ed un’idea riempie la sua mente, quando il padre conclude si gratta con il caduceo sul petto e dice:”Mio sovrano e padre sono ragazze giovani….sono confuse” E nel mentre pensa al viso della bionda mentre s’univa a lei nelle stalle qualche tempo prima, continua”Parlerò con Calliope e le farò presente i suoi doveri. S’occuperà lei di Clio….”

Detto questo volò via e apparse a Calliope/ Esmeralda nel bosco fuori Gambarie e le si avvicinò dicendo:
Hermes“Calliope mia cara, sono tuo Fratello Hermes. E’ tempo di tornare a casa.”
Calliope/Esmeralda, si voltò, per un attimo sorpresa, poi disse: “Ma, Hermes…sono innamorata, forse è la volta buona….”
Hermes la guardò e toccandole il viso, sorridente”Tu sai quello che è realmente accaduto. Sei una figlia di Zeus, non puoi innamorarti e poi, come mandato tua madre Mnemosine t’ha dato l’irrequietezza dell’arte…la tua è curiosità e questa finirà. Come è già accaduto”
Calliope/Esmeralda alzandosi risoluta, disse”Ho il Destino dalla mia, stavolta…ho parlato con Moira e lei è con me. L’ho sognato il mio Gwydion….”
Hermes per un attimo rimase stupito, ma cosciente della situazione grave, presto aggiunse: “Beh, prima delle Moire c’è nostro padre ed è malintenzionato. Ti conviene seguire il mio consiglio, o….beh….nostro padre riesce a far deviare pure le decisioni di Moira….egli ne è successore e padre nelle Parche che tiene rinchiuse….”
Calliope/Esmeralda guardando il fratello passò da un’espressione furente ad una rassegnata e disse”Così sia, ma questa è la volta che lasciamo l’Olimpo perché ovviamente Clio verrà con me. Vai a fare rapporto e dì a Giove Padre, come lo chiamano qui, che abbandoneremo il mondo degli uomini ma anche l’Olimpo. Non gli mando nessuna benedizione, perché il pensiero sarebbe negativo e non voglio neanche pensare al momento….”
E andò verso la città, mentre Hermes si sollevava e spariva nel cielo, diretto dove sappiamo.


Era iniziato “Tutto” a quel tavolo in piazza e “Tutto” iniziò precipitosamente a spegnersi, precipitando nel vuoto con una vorticosa caduta a testa in giù, quando Evia enunciò il suo più lungo discorso.
Si trovavano sulla balconata fuori al sole e stavano pranzando quando Evia disse:
"Io ti amo, lo sai vero?" Serissima in viso, braccia sulle gambe a massaggiarsele, si girò a guardarlo in faccia e continuò:"Spesso cerco in me qualcosa che voi mi date, ma non lo trovo..." Francesco voleva chiedere di chi parlasse, ma lei lo zittì mettendogli indice e medie delle sue lunghe dita sulle labbra e continuò con le sue sottili e carnose labbra:"Sappi che se io non parlo ma sorrido soltanto o ti picchio, io t'amo come non ho mai amato nessuno." Poi rispose al suo bacio con un sorriso, splendido dono divino che lo riempiva di felicità. Il sole in Esmeralda era negli occhi e dentro di lei; in Evia era nel viso quando rideva e nella sua sola presenza. Non potè evitare di confrontarle…erano gemelle! Ma Evia andò avanti e il suo viso s’era improvvisamente oscurato, come se ci fosse una terribile eclissi di sole, di certo per un’illuminazione improvvisa: "Dov'è Esmeralda? E' fuggita... no, l'hai fatta scappare...vero?" Calcò sull'ultima parola.
E Francesco non seppe far altro che dire: "se n'è andata, è stata lei a ferirmi!"
Evia disse a bruciapelo:"Tu la ami, vero?"

Silenzio chiarificatore per lui, ma non per lei che forse sapeva o immaginava, ma non ci credeva. Francesco realizzò d'adorare Evia ma d'amare Esmeralda. Questo per un attimo lo stordì, lo isolò in se stesso. Evia vide che era inutile dargli pugni sul petto e fuggì per chiudersi nella stanza da letto. Cominciò a singhiozzare, poi prese a piangere.
Dopo un attimo, tutto in modo molto lento, Francesco sentì i pugni di lei sul petto…gl'aveva fatto male stavolta! Bussò alla porta della stanza e lei, tra le lacrime, urlò: "Vattene, ti odio!"
Lui sentì come un pugno acutissimo e poi un sonoro "crack" al petto, ma quando s'accorse di non avere coperte per la notte rimase quasi stecchito ( location: montagna più alta della Calabria del sud, Gambarie appunto, ormai vicini all'autunno)Fece spallucce, nero di rabbia e andò a fumare fuori.
Dopo un pò di tempo e due, tre sigarette s'accorse che stava piangendo e s'incavolò ancora di più. Pensò ad un'altra ragazza che aveva un nome che iniziava per E, per la quale era salito quassù. Era salito per dimenticare dopo un anno magico, come al solito finito malissimo.
Poi apparve Esmeralda, lo raggiunse, lo girò e lo guardò sorridente e serena. Gli prese la sigaretta e lentamente tirò con le labbra sottili e carnose come la sorella. Francesco non fiatò, furente per un attimo, ma presto si calmò: il proeta s'aspettava il suo arrivo. Chissà perché? Per un attimo rise tra sé, poi studiò il viso bagnato di lei: i capelli ricci, sciolti d’acqua sulle guance dagli zigomi alti. E la desiderò, a modo suo e malgrado i suoi sentimenti contrastanti. Lei gettò la sigaretta e la spense. Poi lo baciò sulle labbra, quasi lui non s’era accorto della pioggia. Esmeralda tentò di buttarlo sul tavolo di pietra. Ma lui combatté, incavolato, confuso. Esmeralda sussurrò:-Grazie per aver salvato Evia. Forse l’hai fatto anche con me perché non ho più paura d’amarti fino in fondo, non ho più paura di perdermi- Lui cercò di scacciarla, di spingerla via dal tavolo di pietra sotto il pino, ma il tono delle sue parole e il suo viso quando le diceva lo costrinsero a pensare e Francesco si distrasse. Esmeralda approfittò del momento e, in modo animalesco come un desiderio rimandato a lungo e che improvviso ci travolge, lo buttò sul tavolo e lo spogliò della camicia. Tutto accadde così velocemente da impensierire e superare la velocità del pensiero stesso.
I due s’amarono tra le felci per la prima volta, intensamente e senza limiti alla forza e alla fantasia, poi, ricordandosi d’avere delle coperte nascoste s’avvolse con lei in esse e caddero in un sonno ristoratore.

Epilogo.
Al mattino Francesco si svegliò solo, nonché dolorante. Forse per il luogo freddo e umido, forse per il bel fare notturno con Esmeralda. Sapeva solo di stare infinitamente bene. Poi entrò in casa, vide che mancavano le chiavi, al loro posto un messaggio.

Siamo in piazza. Alle 11 c’è il blu pullman per Milano. Se non ti svegli troverai la tua grigia in piazza, le chiavi da Emanuele al bar
Evia ed Esmeralda

Francesco notò che aveva scritto l’Esmeralda e lei è sempre seria. Confuso e stupito ma più che un cattivo presentimento aveva certezze e non gli piacevano. Si vestì in fretta e furia ed in un quarto d’ora le raggiunse. Erano le undici meno venti e il pullman era già lì.
Esmeralda lo accolse tranquilla, quasi sussurrando, sicuramente triste: -So Tutto, sappiamo Tutto. T’ho sognato spesso, sai? T’ho amato col rischio di perdermi ma non m’è successo quando l’abbiamo fatto, no? Grazie ancora per aver salvato Evia, ma non basta, non hai saputo scegliere e, come tutti i mortali, hai fatto un gran casino.- Gli chiese d’ascoltare e continuò: - Con Evia ti saresti perso comunque, per cui chiudiamo qui e basta. Fai finta che non ci siamo mai incontrati…- Stavolta però lui sbottò, mani strette a pugno vicino ai fianchi, furente e stanco d’essere stato quasi usato da questi due angeli, forse dal Destino. “Quel cieco stronzo allora avrebbe sbagliato? Forse E+E m’avrebbero mentito?” Sembrò, e lo vide dentro i loro occhi come se guardasse in se stesso, che le ragazze avevano accusato il colpo, la mora mentendo sussurrò:”Beh, anche le muse sono inferiori al Destino, a Moira stessa…”
Deluso, abbassò la testa e liberò pian piano le dita delle mani dai pugni, rilasciando i palmi aperti vicino alle gambe, quasi sconfitto. A testa bassa continuò:“Vattene via con tua sorella e lasciami solo” Irrigidito, poi, ignorò Esmeralda e non permise ad Evia di baciarlo, ma solo un abbraccio per non vederla piangere. Anche se lei aveva comunque gli occhi umidi. Osservò le sorelle raggiungere il pullman e salire su, Esmeralda quasi risentita e in lacrime, Evia persa.
Francesco le raggiunse all’interno, di corsa. Prese la mano destra della mora con entrambe le sue mani, la rabbia già svanita, e disse: “Non dirlo, non dire che non è stato vero.” Esmeralda lo baciò sulla fronte e poi su entrambe le guance, qua e là sul suo viso lacrime sparse, lo portò fuori tenendolo per mano.
Presto fu dentro, accolse la sorella piangente sul petto e il pullman sparì dietro l’angolo lontano.

Il fermo immagine svanì e tornò il caldo, la folla. In tasca Francesco si ritrovò un pagliaccetto ed un messaggio, su papiro o pergamena? Sinceramente lo ignorava. Passò al messaggio, mentre leggeva senti la voce di Evia che l’aveva scritto:

“Le Muse ti salutano Proeta! Siamo stati amanti anche in altre vite? Boh!…Sappiamo solo, molto prosaicamente, che dobbiamo tornare perché i nostri genitori sono malati. T’ameremo per un po’, probabilmente poi finirà. Ricorda solo che l’amore gira; non importa chi o quando, ma come ami le persone che incontri. E tu c’hai amato intensamente entrambe, come solo un dio può.
Forse sei il nostro Apollo?. In un’altra vita c’incontreremo, magari. E+E, le Muse.”
Daréios Merlino.
Arcidruido di Avalon.
Archipresbyter insula Avallonis.
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