Ita rise di gusto. «Avete punito Wynne? È sempre stata troppo affezionata a Taren! È grazie a lei, se la ragazza è stata promossa Sacerdotessa». Sul suo viso comparve una smorfia. «Ha un immenso Dono, ma è una sciocca indisciplinata. Meriterebbe soltanto di pulire le cucine! Insieme alla sua protettrice…».
La Sacerdotessa in piedi davanti a lei annuì con fervore.
«Allora, cos’altro mi dici sulla riunione?» chiese Ita, stendendosi sul divano. Si portò un grappolo di uva alla bocca.
«Caitlin el Mir ha sparso il dubbio, riguardo la vostra visione sulla Dea Madre, tra le Sorelle della Conoscenza».
«Che cosa?!» esclamò Ita, tirandosi su di scatto.
«Non ne sapevamo nulla, abbiamo punito anche lei» aggiunse timorosa la donna.
«Punirla è inutile, maledizione!». Scagliò la ciotola d’uva contro la parete. La Sacerdotessa rabbrividì. Era passata a un dito dalla sua testa. «Le Sorelle credono a Mir?».
«Non lo so, Caitlin ha detto che le Sapienti si sono incontrate ma ancora non hanno detto nulla a nessuno».
Ita sospirò. «Dimmi altro» ordinò.
«Ehm, abbiamo discusso se ammettere un’altra Sorella tra di noi… La scelta è caduta su Aila el Roben, ma alcune sono in dubbio: ha solo da poco compiuto cinquant’anni».
«Roben non deve entrare nell’Oscurità, chiaro? Quella donna mi ha sempre contrastato!».
«Come la Somma Sacerdotessa comanda» mormorò la Sacerdotessa, chinando il capo.
«Adesso vattene, lasciami sola».
La Sacerdotessa si produsse in un lungo inchino, per poi uscire velocemente dalle sue stanze.
Ita si alzò dal divano e chiamò il Potere. Fu travolta da una dolce sensazione, potente e inebriante, migliore di quella che provava quando giaceva con uomo; sorrise, pensando a Grego.
Usò l’elemento spirito per formare un portale, un ovale verticale dai contorni brillanti, su cui avrebbe potuto specchiarsi. Il portale era una sua scoperta recente, che non aveva intenzione di condividere con nessuna Sorella.
Attraversò l’ovale e rilasciò il Potere. Dall’ultimo piano della Torre Ovest era comparsa in quello che una volta era il Palazzo Reale, l’attuale Palazzo del Governo.
Si trovava in una camera sontuosa. Arazzi dai colori brillanti, rifiniti con l’oro e l’argento, erano appesi alle pareti, e incastonati nel legno del letto a baldacchino c’erano rubini, smeraldi e topazi; i tendaggi del baldacchino, poi, erano di seta, proveniente dalla lontana Emor. Dal soffitto pendeva un enorme candelabro di cristallo.
«Mio tesoro, quali novità porti con te?». Grego el Kabar la stava aspettando seduto su una poltrona. I lunghi capelli rossi fluivano sciolti sul petto nudo e i penetranti occhi verdi seguivano ogni suo movimento.
Ita si sedette sulle sue gambe. Gli accarezzò la fronte spaziosa, il naso adunco e le guance lisce, ammirandolo; gli prese il volto tra le mani e lo baciò con ardore.
«Una novità buona e una cattiva» bisbigliò. «La sciocca che oggi è scomparsa è fuggita per aiutare Morroy. Affianchiamo una Sorella di mia fiducia a una tua Guardia, nella ricerca della povera dispersa: se troviamo lei, troveremo anche lui».
«Che splendida idea…» mormorò Grego. Alzò il bordo del lungo abito bianco che Ita indossava e lasciò scivolare la mano lungo la sua coscia.
«Grego, aspetta» disse Ita, chiudendo gli occhi. «C’è anche una brutta notizia. Una di quelle idiote oscure ha sparso il dubbio sulla mia visione tra le Sorelle della Conoscenza. C’è il rischio che mi scoprano e…».
«Shhh. Ti proteggo io». La prese in braccio e la portò sul letto.
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La conoscenza è potere.
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